Ora italiana

A volte i sentimenti molto intensi, quali la gioia per la nascita di un bambino, o lo sconforto per la morte di un caro parente, appannano la mente umana a tal punto da impedire la comprensione di ciò che accade intorno sé, fino a perdere la cognizione del tempo che scorre.

Questo stato di agitazione, sia in caso positivo che negativo, permette alle persone di compiere delle azioni inusuali, come quella di recarsi all’Ufficio dello Stato Civile ad ora tarda, fra le ventuno e le ventitre.

Solo così è spiegabile il fatto che quasi tutti gli atti che ho consultato, sia di nascita che di matrimonio o di morte, dall’istituzione dello Stato Civile (1809) e fino a qualche anno dopo l’unità d’Italia, siano stati redatti in questi orari così inconsueti.

Pur comprendendo ciò che l’intensità del sentimento possa far commettere, non riesco ad accettare il fatto che l’Ufficio comunale fosse aperto al pubblico e pronto a redigere l’atto in quegli orari.

Al giorno d’oggi è impossibile trovare un Ufficio Pubblico aperto dopo le diciotto, figuriamoci alle ventuno.

Probabilmente il Sindaco, impegnato durante tutto il giorno, dedicava l’ultima parte della stessa giornata alla compilazione dei Registri dello Stato Civile.

Questo, però, non era il vezzo di un particolare Sindaco, ligio al dovere e dotato di alto spirito di sacrificio e abnegazione, ma bensì il comportamento sistematico tenuto da tutti i Sindaci, che si sono succeduti negli anni, di tutti i Paesi in cui ho svolto le mie indagini genealogiche.

Ho scoperto così che all’epoca in cui questi Sindaci hanno svolto la loro funzione di estensori degli atti che vado consultando, il tempo veniva misurato con un sistema diverso da quello utilizzato dalla nostra moderna società.

Infatti, dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, la cronometria fu custodita, gestita e trasmessa, sia pure con modificazioni, dalla Chiesa cristiana.

La Chiesa, per regolare i suoi riti, introdusse un’importante novità: il computo del giorno da un tramonto del Sole al successivo, annunciando il momento delle preghiere, come dire le ore canoniche, con il suono delle campane.

Quindi il giorno terminava in concomitanza del tramonto del Sole, per tale istante si fece corrispondere il concludersi del computo orario del giorno indicandolo con l’ora XXIV, e in pari tempo se ne iniziava uno nuovo, che si concludeva, dopo ventiquattr’ore, al tramonto successivo.

Era l’Ora Italiana Comune (o Solare)

Secondo questa scala il giorno era di 24 ore equinoziali, cioè uguali fra loro, contate a partire dal tramonto, anzi a partire dall’«Avemaria della sera», vale a dire una mezz’ora dopo il tramonto.

Da quel momento comincia un nuovo giorno e di ciò va tenuto conto ogni qualvolta si debba attribuire la data a eventi accaduti fra l’avemaria e la mezzanotte, che possono essere riportati con la data del giorno seguente (secondo i criteri attuali).

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.