Frate Umile – 1 parte.

Vi sono delle persone che nel corso della loro vita disseminano al loro passaggio segni d’amore, a volte si tratta di poche parole, a volte di piccoli gesti, tali da penetrare nell’animo delle persone presenti e di quelle che verranno in seguito.

Queste persone sono i Santi, ovvero coloro che vivono sull’esempio di Gesù Cristo.

Nel mezzo della provincia di Cosenza, fra i due fiumi Crati e Moccone, è situata la città di Bisignano, che ha dato i natali a una di queste persone: Frate Umile.

In questo brano (e nei prossimi) mi accingo a raccontarne la sua storia virtuosa, basandomi soltanto sulle notizie trascritte sul libro “Vita del venerabile servo di Dio Frate Umile di Bisignano” scritto da Fra’ Francesco di San Marco e pubblicato in Napoli nella tipografia della Società Filomatica nel 1832.

Come tutte le biografie, anche questa, comincia con la data di nascita: 26 agosto 1582. Lucantonio, così lo battezzarono il padre Giovanni Pirozzo e la madre Ginevra Giardino, venne al mondo in una famiglia “umile”, dedita “alle arti agrarie” e molto religiosa. Il piccolo diede subito segni di futura santità; infatti, si accontentò, da subito, di uno scarso alimento, allattando solo tre volte al giorno, e mai fu possibile alla madre di aumentare il numero delle poppate.

Ancora in fasce fissava attento con lo sguardo l’immagine del Crocifisso e della Madonna, e per farlo quietare quando piangeva, bastò rivolgerlo verso queste immagini, o accostargliele. Nessun altro oggetto, forse più adeguato per gli occhi infantili, riusciva a calmarlo come quelle immagini sacre. Mostrava grande disprezzo per le grandezze e gli agi di questo mondo, ogni qual volta i genitori, per acquietarlo quando piangeva, gli mettevano in mano una moneta, immediatamente la scagliava lontano da sé.

A quattro anni fu Cresimato, e avendogli detto suo padre che gli Angeli in Cielo non fanno altro che lodare Dio ripetendo “Sanctus, Sanctus, Sanctus”, cominciò a recitare spesso questi versetti. Per farlo si ritirava in qualche angolo della stanza, o in altro luogo appartato, e ivi con le mani giunte e gli occhi al Cielo ripeteva “Sanctus, Sanctus, Sanctus”.

Quando andava in Chiesa con i propri genitori per seguire la Messa, al contrario degli altri bambini, che normalmente sono inquieti, lui seguiva attento la Sacra Funzione per cui era preso ad esempio. Nell’accostarsi alla Comunione, era suo costume quello di togliersi le scarpe dai piedi, e in atteggiamento umile e penitente cibarsi dell’Ostia consacrata.

Quando Lucantonio fu incaricato dai propri genitori a svolgere i lavori della campagna, vi si recava solo dopo aver ascoltato la Santa Messa e non usciva di casa senza aver ricevuto la benedizione dei propri genitori. Nelle campagne, dove accompagnava a pascolare i buoi e le mucche, aveva drizzato diverse croci, formandole rozzamente con tronchi e rami di alberi e genuflesso vi stava in meditazione; nel trattare con i compagni, o con le altre persone, introduceva sempre discorsi devoti con grande passione. Durante le ore della notte si ritirava in una grotta, in fondo alla quale vi eresse un altare, per pregare. Più volte in questa grotta fu tentato dal Diavolo, ora con strepiti e clamori orribili, ora mostrandosi sotto forme orrende per percuoterlo e straziarlo. Lucantonio lo scacciava con il segno della Croce.

Da questo momento in poi il bambino è messo alla prova. Infatti, il Parroco Solima volle comprendere di quale natura fosse la sua anima e quindi prese a sgridarlo in pubblico, trattandolo da poltrone e infingardo; da superbo e da ipocrita. Lo privava per settimane intere della comunione.

Vedendolo sempre uguale a sé stesso sostenere senza vacillare ogni prova decise di fargli frequentare la Confraternita intitolata a Maria Santissima Immacolata affinché servisse da esempio e da pungolo agli altri congregati nell’adempimento dei propri doveri. Si dedicò alla congregazione con devozione e raccoglimento indicibile, eseguendo tutti gli atti religiosi prescritti dalle regole.  Se, per compiere i voleri dei genitori, non poteva partecipare alla vita della congrega, non tralasciava, appena possibile, di incolparsi inginocchiandosi alla presenza degli altri confratelli tutto pieno di confusione e umiltà, ben comprendendo gli obblighi di assistere a quelle sacre adunanze, alle quali volontariamente i congregati si erano arruolati.

Un’altra prova di virtù si svolse sulla pubblica piazza quando un gentiluomo di Bisignano che avendo saputo falsamente di essere stato offeso da Lucantonio, gli diede un sonoro schiaffo. A tale affronto Lucantonio offrì l’altra guancia e inginocchiandosi lo ringraziò per averlo trattato come merita un peccatore, quale lui si sentiva. La vita condotta da Lucantonio fino a questo momento faceva già trapelare la sua futura santità.

Mentre Lucantonio pascolava i propri bovi, per tre volte sentì una voce chiara e distinta che gli disse: “Lucantonio, io voglio essere da te servito.” […]

LG


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